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giovedì 8 settembre 2011

Cure che inquinano il corpo e l’ambiente.
È tempo di una farmacia verde e naturale


Solo di antibiotici, in Europa, si consumano più di 10.000 tonnellate ogni anno, equamente spartite
tra umani (52%) e animali (48%).
I fiumi e i laghi europei sono ricchi di principi farmacologicamente attivi: tutte le varietà degli
antibiotici, con in testa le penicilline, ma non mancano i cardiovascolari, che del resto sono i
farmaci più prescritti, gli anticolesterolici, i farmaci per il sistema nervoso. Nelle acque del nord
Europa abbondano gli antidepressivi e i sedativi, al sud gli antibiotici. Ma nelle acque potabili di
Milano è possibile rintracciare buone concentrazioni di Diazepam, diffuso ansiolitico. Mentre nel
Po l’Ibuprofene, noto antinfiammatorio analgesico, presenta concentrazioni significative.
Da dove vengono queste sostanze e perché le ritroviamo ancora pressoché intatte nelle acque?
Un ampio lavoro del Mario Negri di Milano1 chiarisce che il problema non è tanto quello dei
farmaci scaduti o residui, che vengono malamente smaltiti gettandoli nella spazzatura invece che
negli appositi contenitori. La componente fondamentale dell’inquinamento farmacologico deriva
dalle urine e dalle feci degli assuntori di farmaci, animali e umani.
La fonte dell’inquinamento sono quindi i pazienti, oppure quegli animali che vengono imbottiti di
farmaci (che poi ci rimangiamo) non perché stanno male, ma per farli crescere di più e più
rapidamente. L’organismo non metabolizza completamente gran parte dei farmaci. Anzi, ci sono
alcune sostanze che vengono rilasciate, nelle deiezioni, praticamente tal quali e con le fognature
vanno poi a finire nelle acque. Ma i depuratori? Anche quando ci sono e funzionano al meglio (e
come sappiamo è raro) i grandi depuratori cittadini non sono in grado di smaltire i farmaci, le cui
concentrazioni sono relativamente basse (al massimo si parla di microgrammi per metro cubo) ma
estremamente attive.
I farmacologi del Mario Negri riferiscono di un esperimento che mostra la pericolosità di queste
miscele di farmaci diluiti in acqua. Usando concentrazioni simili a quelle ritrovate nelle nostre
acque, i ricercatori hanno dimostrato che esse “sono in grado di esercitare, su cellule umane e
animali in cultura, importanti effetti tossici sulla proliferazione cellulare. Effetti significativamente
superiori a quelli esercitati dai singoli farmaci”. Insomma, il cocktail di farmaci ha effetti ben più
negativi dei singoli principi attivi.
Che fare? Gli svedesi hanno messo a punto un modello per la classificazione dei farmaci in base
alle loro caratteristiche ecotossicologiche, tradotto in un opuscolo distribuito a tutti i prescrittori di
quel paese. In questo vademecum, il medico trova la tradizionale classificazione dei farmaci in base
alla loro azione terapeutica e, accanto, trova anche la valutazione dei rischi ambientali legati al loro
utilizzo. Per esempio, a parità di efficacia terapeutica, è possibile scegliere un antibiotico che
lascerà minori tracce inquinanti di un altro. La Green Pharmacy è quindi una possibilità concreta
che andrebbe introdotta nel nostro Paese, così come un adeguamento tecnologico dei depuratori. Ma
il punto davvero fondamentale è un altro. Si tratta di ridurre drasticamente il consumo di farmaci
chimici, spesso inutili e dannosi: agli umani, agli altri animali e all’ambiente.


di Francesco Bottaccioli

tratto da: www.simaiss.it

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