Nella
stragrande maggioranza dei casi l'Ipertensione Arteriosa non ha
sintomi, il che la rende ancora più subdola. Cefalea, palpitazioni,
vertigini, ronzii auricolari, disturbi del visus, astenia, impotenza
possono essere i sintomi che consentono di svelare la malattia
ipertensiva a chi non controlla la propria pressione. I campanelli
d'allarme più drammatici sono le aritmie cardiache, gli attacchi
transitori di ischemiacerebrale (TIA), epistassi, emorragia
sottocongiuntivale. Secondo gli esperti, chi non è iperteso, dovrebbe
controllarsi la pressione ogni sei mesi, ma se c’è familiarità (padre,
madre, fratelli) allora i controlli devono essere tanto più frequenti
quanto più aumenta l’età.
La cause
In oltre il 90% dei pazienti
ipertesi la vera causa rimane sconosciuta. Probabilmente non esiste una
causa univoca. I fattori che possono influire possono essere diversi e
spesso agiscono in sinergia: età, razza, familiarità, massa corporea,
alcool, sedentarietà, fumo, caffè, diabete, dieta, stress, ecc.
Sicuramente lo stress, lo stile di vita influiscono non poco, altrimenti
non si spiega come mai Milano è considerata la capitale italiana
dell’ipertensione e nell’industriosa e frenetica Lombardia il 33% dei
cittadini è ipertesa, quando la media nazionale è del 25%.
Anche il
consumo abituale di alcuni farmaci può essere dannoso per la salute,
come è stato dimostrato per gli antinfiammatori non steroidei (FANS)
(WDDTY - Vol: 5 Issue: 8 - UPDATES - JAMA September 1994).
Le terapie ufficiali L’approccio
terapeutico della medicina allopatica è tutt’altro che olistico. Una
volta escluse cause organiche e fatta diagnosi di ipertensione primitiva
l’unica preoccupazione è quella di tenere i valori pressori
costantemente bassi. Un intervento largamente sintomatico. I farmaci
impiegati sono diversi (ace-inibitori. beta-bloccanti,
calcio-antagonisti, diuretici e inibitori dei recettori
dell’angiotensina) e la terapia deve essere assunta per tutta la vita.
Spesso può capitare che ad un primo farmaco, con il tempo, se ne
aggiunga un altro e poi ancora un altro.
La terapia farmacologica è il più delle volte indubbiamente efficace
ad abbassare i valori della pressione, ma non sempre nel ridurre la
mortalità da rischio cardiovascolare, come è stato dimostrato nel caso
dell’impiego di calcio-antagonisti nelle donne in menopausa affette da
ipertensione: l’assunzione del farmaco aumentava il rischio del 55%!
(Journal of American Med Association, 2004, 15;292:2849-2859).
Infine, la mancanza di una visione “totale” del paziente fa spesso
commettere alla medicina accademica l’errore di medicalizzare
eccessivamente i pazienti, di impostare terapie intempestive in soggetti
giovani e di non prendere in sufficiente considerazione altri aspetti
della vita del paziente (alimentazione, stress, ecc.).
Oltre ai farmaci di sintesi Premetto che quello
che dirò non costituisce in nessun modo una prescrizione. L’ipertensione
è una malattia seria e un’eventuale cura alternativa deve essere
prescritta da un medico esperto, che sia in grado poi di valutarne gli
effetti nel tempo. Spesso nelle persone giovani o di mezza età che hanno
un’ipertensione agli esordi si ottengono straordinari risultati e il
ricorso ai farmaci di sintesi è superfluo o può essere rimandato di
diversi anni e addirittura evitato. Anche nei soggetti ipertesi che
assumono farmaci da pochi anni è possibile ottenere ottimi risultati.
Nei casi più refrattari, le cure naturali possono essere integrate con
quelle chimiche, con il beneficio di ridurre nel tempo il carico di
queste ultime.
E’ importante sottolineare il diverso approccio tra allopatia e la
medicina naturale. L’allopatia, il più delle volte, oltre alla pratica
pastiglia da assumere una volta al giorno non richiede troppi sacrifici
e impegni da parte del paziente. Intendo dire che assumere
l’antipertensivo è tutto quello che si deve fare. Sì, qualche vago
consiglio sull’alimentazione, la raccomandazione di perdere peso ed
evitare la vita sedentaria, ma nulla di più.
L’approccio olistico invece pone il paziente di fronte a tutti quegli
aspetti della propria vita che possono in qualche modo aggravare la sua
condizione morbosa e lo sprona ad operare effettivi mutamenti, siano
essi sul piano pratico e materiale (alimentazione, lavoro, attività
fisica, ritmi sonno/veglia, ecc.) sia su quello più interiore e umano
(meditazione, yoga, arte, lettura, spiritualità, rapporti sociali,
ecc.). Quindi, l’approccio naturale all’ipertensione è necessariamente
“integrato” e non si affida al solo farmaco.
Fitoterapia Offre una serie di
piante estremamente efficaci e tra le terapie naturali è forse quella
che dà maggiori risultati nella cura dell’ipertensione. Purtroppo, in
tempi recenti molte di queste piante sono state letteralmente fatte
scomparire dal mercato, seguendo una logica secondo la quale le piante
che funzionano vanno eliminate per non turbare il mercato del farmaco
allopatico multimiliardario. Per quanto riguarda la loro presunta
tossicità, oltremodo esagerata, è decisamente, e di molte misure,
inferiore ai comuni farmaci con cui abitualmente molti di noi volentieri
si imbottiscono. Per altro, non si capisce come mai queste stesse
piante sono state usate vantaggiosamente dall’uomo per migliaia di anni.
Non c’è dubbio che in questi ultimi anni l’industria del farmaco
chimico stia sferrando un poderoso attacco alle medicine naturali
cercando di influenzare sia in America sia in Europa gli organismi
preposti a regolamentare il mercato degli integratori e delle piante
medicinali (Back-door laws against natural health. WDDTY, July 2007).
Vediamo adesso un elenco delle principali piante che abbassano
la pressione. Attenzione, spesso vengono associate in formulazioni
complesse, tra loro e con altre piante, per potenziare il loro effetto o
per mitigare eventuali effetti indesiderati.
Rauwfolfia,
Rauwolfia serpentina
– la medicina Ayurvedica la utilizza da oltre 1500 anni, ma da tempo
fa anche della fitoterapia occidentale. E’ una delle piante più attive
per l’ipertensione. Si utilizza la radice. Ha un’azione ipotensiva e
sedativa. Purtroppo non è più disponibile, neanche su ricetta medica
(cosa a dir poco vergognosa), nel nostro Paese. Tuttavia, nella vicina
Svizzera, dove non mi pare siano meno sensibili di noi per quanto
riguarda la salute dei cittadini, è tranquillamente reperibile in
farmacia.
Coleus,
Coleus forskohlii
– altra pianta della tradizione ayurvedica. Ha proprietà
antipertensive, antiaggreganti piastriniche e vasodilatatrici. E’
divenuta famosa in Occidente dopo che un suo principio attivo, il
forskohlin, è stato isolato per la prima volta nel 1970. A questo sono
stati dedicati decine di lavori. Ha dimostrato di essere efficace in
numerose condizioni patologiche, come l’infarto, il glaucoma e l’asma
bronchiale. Il valore del Coleus per l’ipertensione sta anche nel fatto
che possiede una certa azione antipiastrinica e quindi fluidifica il
sangue e previene la trombosi. Anche questa meravigliosa pianta è stata
tolta dal mercato.
Arjuna,
Terminalia arjuna,
- fa parte anch'essa della tradizione erboristica ayurvedica. Ha
proprietà antianginose, cardiotoniche, antiaritmiche e sedative.
Mantiene il sangue fluido. Dilata le coronarie, potenzia la
circolazione, mantiene il tono e il benessere del muscolo cardiaco.
Indicata per la prevenzione dell’infarto, ma è utilissima anche nel
post-infarto. Si usa la corteccia che, per altro, è ricca di coenzima
Q-10 (vedi oltre).
Cimicifuga,
Actea racemosa
– ha un’azione sedativa, antispasmodica e diuretica. Migliora la
circolazione e riduce la pressione arteriosa. E' spesso impiegata con
altre erbe.
Kudzu,
Pueraria lobata
– la radice di Kudzu è utilizzata in formulazioni erboristiche cinesi
per l’ipertensione. Aumenta il flusso sanguigno coronarico e cerebrale,
dilata i vasi periferici e inibisce l’aggregazione delle piastrine.
Pervinca,
Vinca minor
– Ha un’azione ipotensiva, spasmolitica, sedativa e attivatrice del
microcircolo cerebrale. L’effetto ipotensivo dipende dalla diminuzione
della resistenza vascolare periferica. Più spesso usata in fomule
complesse.
Cardiaca,
Leonurus cardiaca
– Ha un’azione ipotensiva non marcata e per questo spesso è associata
ad altre piante. Possiede anche un’azione sedativa cardiaca e
antiaritmica. Si utilizza soprattutto nei disturbi cardiaci associati ad
ipertiroidismo.
Biancospino,
Crataegus oxyacantha e
monogyna
- Ha un’azione antiaritmica, cardiotonica, coronarodilatatrice,
sedativa e ipotensiva. Le procianidine oligomeriche (OPC) hanno
un’azione antiossidante a livello delle pareti vasali. C’è chi
preferisce i fiori, ritenendoli più efficaci, altri invece usano le
bacche. L'impiego costante di una tintura a base di bacche è considerto
ottimo nei soggetti che hanno familiarità all'ipertensione. Previene
anche l'aterosclerosi.
Vischio,
Viscum album
- Si associa vantaggiosamente con il precedente. Ha un’azione
vasodilatatrice, antispastica, ipotensiva e diuretica. Si usano le
foglie.
Celidonia,
Chelidonium majus
- Questa papaveracea ha un’azione spasmolitica, sedativa e rilassante
la mucolatura liscia. Nella cura dell’ipertensione è usata in
combinazione con altre piante.
Aglio,
Allium sativum
- Numerosi studi clinici hanno dimostrato la sua positiva azione nella
prevenzione del rischio cardiovascolare. Regolarizza la pressione
arteriosa, previene la trombosi e la formazione delle placche
aterosclerotiche. Il modo migliore è fare uso di aglio fresco, assumendo
2-4 spicchi al giorno, ma non tutti se la sentono. Comunque, in
commercio esistono estratti secchi titolati che non danno problemi di
alito.
Olivo,
Olea europea
– Di questa nota pianta si usano le foglie. Ha un’azione ipotensiva,
per dilatazione periferica, antiaritimica e diuretica. L’effetto
antipertensivo si ottiene in genere a dosaggi alti e comunque è meno
marcato rispetto alle altre piante. Il più delle volte è impiegata in
associazione con altre erbe.
Perla polvere
((Mukta Pishti) - non è un fitoterapico, ma viene inserito nelle
preparazioni erboristiche ayurvediche. La polvere di perla è uno
speciale preparato per la cura dell'ipertensione. Stabilizza le
emozioni, calma la paura, riduce il senso di frustrazione, la collera ed
è considerata un rigenerante tissutale.
Alle piante più spiccatamente antipertensive, se ne possono associare altre con azione complementare:
1. anticoagulanti o fluidificanti del sangue - Zenzero, ginkgo biloba, angelica cinese, meliloto, ecc.
2. adattogene (contro lo stress, ansia, eccitazione, ecc.) -
Ashwagandha, luppolo, jatamansi, asparago racemoso, passiflora,
valeriana, avena, bacopa, centella, melissa, ecc.
3. diuretiche - Pilosella, tè di Giava, betulla, levistico, parietaria, prezzemolo, tarassaco, tribulus, ecc.
Integratori Magnesio
– E’ un “calcio-antagonista” naturale ed è di fondamentale importanza
per mantenere i giusti equilibri minerali a livello delle cellule delle
pareti vasali. Ottimo come cura e come prevenzione nei soggetti a
rischio. Da assumere quasi sistematicamente. Il suo effetto sulla
pressione si manifesta pienamente dopo qualche settimana.
Coenzima Q-10 -
Gioca un ruolo fondamentale nella trasformazione dei nutrienti in
energia. Ogni singola cellula nel corpo necessita di questo fattore, ma
le cellule dei tessuti a maggiore consumo enrgetico ne hanno più
bisogno, come quelle del fegato, dei reni, del pancreas e del cuore. E’
un potente antiossidante e ha dimostrato di essere efficace nel
normalizzare la pressione sanguigna. Gli organi d’animali, come il
fegato, il rene e il cuore, sono una fonte naturale eccellente di Q-10,
ma si trova anche nei pesci e in alcuni vegetali. Ricordo che questo
fattore è liposolubile e quindi necessita di un’alimentazione in cui
siano presenti buone quantità di grassi, per essere assorbito a livello
intestinale. E’ anche sintetizzato dal nostro organismo, ma viene
facilmente distrutto da un consumo eccessivo di zuccheri e sostanze
stimolanti. I pazienti cardiovascolari necessitano di maggiori quantità
di Q-10 (Proc Natl Acad Sci, 1985; 82: 901-4; Drugs Exp Clin Res, 1984;
10: 487-502). I suoi benefici nel caso di angina, ipertensione,
insufficienza cardiaca, aritimie e disturbi valvolari sono stati
dimostrati a partire dagli anni ’70 (J Molec Med, 1977; 2: 431-60) e poi
continuamente confermati da successivi studi. Le
statine (farmaci che abbassano il colesterolo) riducono del 40% la sintesi di Q-10 nel corpo.
Vitamina C -
Aumenta la produzione di prostacicline, una piccola molecola che non
solo rilassa i vasi sanguigni, ma favorisce una corretta fluidità del
sangue. La vitamina C è fondamentale per la salute cardiovascolare. In
alcuni studi, la somministrazione regolare di vitamina C ha dimostrato
di abbassare significativamente la pressione arteriosa (Lancet, 354:
1999: 2048-9).
Lisina e prolina –
Sono due amminoacidi che proteggono le pareti arteriose e prevengono al
formazione delle placche aterosclerotiche. La sclerosi delle pareti è
spesso intimamente correlata con l’ipertensione. Sono importanti
componenti del collagene e di altre molecole che danno stabilità alle
pareti dei vasi. L’assunzione insieme alla vitamina C è quanto mai
vantaggiosa. Con altri elementi, fanno parte della terapia cellulare del
Dr Rath (M. Rath MD.Why animals don’t get heart attacks…but people do.)
Arginina – E’ un
amminoacido che facilita l’azione di una piccola molecola chiamata
ossido d’azoto, capace di aumentare l’elasticità delle pareti arteriose e
aiutare a normalizzare la pressione.
Licopene – Un
antiossidante che si trova soprattutto nei pomodori e nell’anguria.
Somministrato come integratore, si è dimostrato efficiace in un campione
di pazienti ipertesi di età compresa tra i 30 e i 70 anni (American
Heart Journal, January 2006). Anche questo è un fattore liposolubile e
quindi senza grassi nell’alimentazione viene poco o nulla assorbito.
Fermenti lattici -
Diverse preparazioni hanno mostrato effetti positivi sulla pressione e
sulla prevenzione cardiovascolare. Più in generale, il consumo regolare
d’alimenti fermentati è di grande aiuto nella cura e nella prevenzione
dell’ipertensione.
Omega-3 –
Indubbiamente gli “oli di pesce” hanno dimostrato di essere efficaci
nella prevenzione delle malattie cardiovascolari e, in particolare, di
essere in grado di contribuire all’abbassamento dei valori pressori –
circa 3.0/1.5 mm Hg - (Circulation, 1993 August, 88: 523-33). Tuttavia,
l’assunzione eccessiva e prolungata di questi oli potrebbe avere degli
effetti collaterali. Il mio consiglio è di non farsi prendere dalle mode
del momento e di assumere dosaggi terapeutici di omega-3 (nel caso
dell’ipertensione si aggirano sui 5 g al giorno) solo sotto controllo
medico.
Meditazione Trascendentale Maharishi
Diversi studi hanno messo in evidenza l’utilità della Meditazione
Trascendentale (MT) di Maharishi nel trattamento dell’ipertensione
arteriosa border line e di grado lieve (Hypertension 1995; 26:820-827;
Archives of Internal Medicine, Jun 2006; 166: 1218 - 1224). La MT è in
grado di abbassare di almeno 10 mm Hg la pressione massima e di 5 mm Hg
la minima e si è rivelata notevolmente superiore ad altre medotiche di
meditazione e di rilassamento, al biofeedback e a diverse altre tecniche
simili (American Journal of Health promotion 1998; 12(5):297-298).
Panchakarma Importante e
fondamentale programma di purificazione della Medicina Ayurvedica. In
collaborazione con una società di assicurazione olandese è stata
condotta una ricerca su 126 persone sofferenti di malattie croniche. La
durata media della loro malattia era di 20 anni e dopo solo 3 mesi di
trattamento con le tecniche di Panchakarma dell’Ayurveda Maharishi si
sono notati notevoli miglioramente. Nel caso dell’ipertensione si sono
avuti successi nel 56% dei casi.
Yoga
In generale gli studi
dimostrano che le persone che praticano lo yoga sono meno ansiose, più
resistenti allo stress, hanno la pressione più bassa e le funzioni
cardiache e respiratorie più efficienti. Quindi, senza dubbio lo yoga
può giocare un ruolo importante nel trattamento e nella prevenzione
dell’ipertensione (Cardiovasc Nurs, 1997; 11: 53-65). Addirittura è
stato dimostrato che lo yoga può ridurre la pressione in modo
significativo in pochissimo tempo (Ind J Physiol Pharmacol, 1998; 42:
205-13; Aviat Space Environ Sci, 1989; 60: 684-7).
L'alimentazione I vegetariani affermano che
la loro dieta aiuta a curare e prevenire l’ipertensione, così come
effettivamente proverebbero alcuni studi. Tuttavia, c’è il sospetto che
non sia tanto l’esclusione della carne e dare risultati positivi, ma
piuttosto lo stile di vita complessivamente più salutistico (health
conscious) che molti vegetariani seguono: consumo di alimenti bio, molta
frutta e verdura, cure naturali, ricerca di armonia e ambienti meno
inquinati, tecniche di rilassamento, meditazione, ricerca e pratiche
spirituale, ecc. Non si tratta quindi di confrontare un qualsiasi
campione di popolazione che mangia carne con uno che non la mangia, ma
di prendere in considerazione un gruppo molto selezionato dai consumi e
stile di vita consapevoli che di fatto enficia totalmente i risultati di
questi studi. Quello che conta, quindi, non è escludere o meno la
carne, ma piuttosto curare lo stile di vita nella sua globalità. Per
altro, diversi studi dimostrano che il fattore decisivo per la
prevenezione del rischio cardiovascolare è l’aumento del consumo di
verdura e frutta fresca, ricche di antiossidanti e potassio, piuttosto
che l’esclusione della carne e dei famigerati grassi animali (BMJ,
1996; 312: 1479; BMJ, 1996; 312: 478-81; JAMA, 1995; 274: 1197; Lancet,
2002; 359: 1969-74). Per quanto riguarda il consumo di proteine poi, il
mito per cui un loro eccesso sia la causa dell’ipertensione è del tutto
privo di fondamento, così come dimostrato da alcuni studi (Circulation,
1996;94(7):1629-34; Circulation, 1996, 94(10):2417-23).
Una cosa è certa, l’ipertensione si associa molto spesso al
sovrappeso e quindi una dieta s’impone quasi sempre. Si calcola che ogni
kg perso abbassi la pressione di 1 mm Hg. Personalmente, nella mia
pratica clinica, ho notevoli risultati con una dieta piuttosto
“primitiva”, che è allo stesso tempo disintossicante e dimagrante:
proteine, grassi, cibi fermentati, verdure, frutta. Pochi cereali,
legumi e zuccheri. Avendo cura di scegliere il più possibile alimenti
freschi, interi e di origine biologica. Oggi giorno, il vero pericolo si
nasconde in una alimentazione troppo ricca di carboidrati e non di
grassi e proteine. Il consumo eccessivo di carboidrati mantiene alti i
livelli di insulina nel sangue e danneggia i vasi.
Il problema del sale alimentare Certamente
l’uomo moderno consuma molto più sale del passato. Ad essere in eccesso
non è tanto quello che si aggiunge all' insalata e alle normali
pietanze, ma quello “occulto” che si nasconde nei cibi conservati o
confezionati. Addirittura anche le merendine, i cereali del mattino e
altri cibi dolci di tipo commerciale contengono spesso notevoli quantità
di sale. Ufficialmente si consiglia un consumo giornaliero di non oltre
5-6 g di sale, corrispondente ad un cucchiaino, mentre molti di noi
viaggiano tranquillamente sugli 8 -10 grammi. Non tutti sono d’accordo
che il sale sia la causa dell’ipertensione. Piuttosto credono che il
problema riguardi alcuni soggetti sensibili e non tutta la popolazione
(per esempio, più gli uomini che le donne). Inoltre, c’è chi mette in
guardia dai pericoli di una dieta troppo povera di sale. Anche i
sostituti del sale, ricchi di potassio, possono rappresentare un
pericolo, se consumati in eccesso, così come hanno dimostrato dei
ricercatori olandesi (BMJ, 2003; 326: 35-6).
L' attività fisica E’ importante, anche se
negli ultimi anni sempre più viene dimostrato che non è necessario
diventare dei fanatici del movimento per rimanere in forma e prevenire
le malattie. L’esercizio isometrico, come il sollevamento dei pesi,
andrebbe evitato, perché aumenta la pressione sanguigna, soprattutto se
si trattiene il respiro quando si fa lo sforzo. Camminare, fare
escursioni, nuotare, andare in bicletta e altri sport all’aperto sono
ottimi, ma se fatti con regolarità...una volta ogni tanto serve a poco.
Fare attività fisica regolare tra i 18 e i 30 anni riduce la possibilità
di sviluppare l’ipertensione nei successivi 15 anni (CARDIA study. Am J
Public Health 97(4), 2007).
Tratto da: http://www.dottorperuginibilli.it