Cerca nel blog

sabato 15 ottobre 2011

Meglio cibi cotti o alimenti crudi?






Il nostro organismo reagisce con un’iper-produzione di leucociti perché considera “innaturale” e “pericolosa” ogni materia vivente sottoposta a quella radicale trasformazione molecolare che avviene con la cottura.

I cibi crudi sono più vitali e nutrienti di quelli cotti.
I cibi crudi sono più vitali e nutrienti di quelli cotti.
Un bel boccone di pesce alla griglia, finisce fra le nostre “fauci” con immenso godimento. Il nostro corpo, però non trae uguale piacere. Mentre mastichiamo soddisfatti, migliaia di globuli bianchi, i “soldatini” del sistema immunitario umano, accorrono in massa contro il “nemico”.
Il nemico può essere anche un pezzo di pane, o una fetta di torta, un piatto di riso, o un hamburger, insomma un qualsiasi alimento che ha subito il processo di cottura.
Ma perché la nostra perfetta macchina di difesa si mette in moto?
Ad ogni ingestione di tali alimenti, il nostro organismo reagisce con un’iper-produzione di leucociti (detta “leucocitosi”), perché considera “innaturale” e “pericolosa” ogni materia vivente sottoposta a quella radicale trasformazione molecolare che avviene con la cottura.
Una mela, una carota o qualsiasi altro vegetale o frutto crudo sono invece accettati senza la reazione immunitaria dei globuli bianchi, che provocano ogni volta un enorme dispendio di energie vitali.
A fare questa importantissima scoperta fu il Dottor Kouchakoff, medico di Losanna, che, dopo venticinque anni di sperimentazioni su migliaia di persone e su sé stesso, nel 1937 pubblicò il risultato delle sue ricerche nel saggio Nouvelles lois de alimentation humaine, basees sur la leucocytose digestive. Parallelamente a Kouchakoff, il medico italiano C. Lusignani, dell’Università di Parma, nel 1924 aveva già pubblicato un prezioso lavoro sulla leucocitosi digestiva, arrivando a conclusioni simili.
In effetti, Lusignani si era occupato del meccanismo fisiologico che innesca o sospende la leucocitosi digestiva, dimostrando che le variazioni leucocitarie successive all’ingestione dell’alimento sono dovute a meccanismi nervosi centrali e periferici che, regolando il calibro vasale, determinano, attraverso fenomeni di vasocostrizione o di vasodilatazione, l’aumento o la diminuzione dei leucociti.
I globuli bianchi, in sostanza, “programmati” per difendere da corpi estranei a noi dannosi, aumentano di numero in caso d’ingestione di cibi cotti. Al contrario, il nostro organismo reagisce con un rilassamento delle pareti vasali (e una conseguente diminuzione dei globuli bianchi, o leucopenia) in caso d’ingestione di cibo crudo, non considerato dannoso dall’ “intelligenza del corpo”.
Come dice il prof. Businco, dell’Università di Roma, “la vita è cruda, perché tutti i processi biologici si svolgono in ambiente naturale, nei limiti della temperatura alla quale le cellule e i tessuti svolgono le loro attività vitali”.
Il corpo sa riconoscere ancora perfettamente, dopo alcuni millenni di “deviazione alimentare”, i cibi “vivi2 (quelli che gli consentono di mantenere integro il suo capitale di “vitalità”) da quelli “morti”.
“Vivi” sono gli alimenti crudi, che conservano intatto il loro corredo di “fattori vitali”: vitamine, proteine, sali minerali, enzimi, ormoni, essenze volatili, antiossidanti naturali, biostimoline, complessi antibiotici, ecc.
Alimenti “morti”, invece, non sono solo i cadaveri di altri animali, ma anche le verdure, la frutta e i cereali cotti. Tutti i cibi (fatti di materia organica, come noi), se sottoposti ad elevate temperature (come quelle che usiamo per friggere, arrostire, bollire, ecc.) subiscono trasformazioni chimiche irreversibili.
Le proteine, ad esempio, hanno un decadimento del loro valore biologico, dovuto alla distruzione parziale (e a volte totale) degli aminoacidi essenziali. La bollitura, in particolare, provoca l’idrolizzazione dei composti proteici e la susseguente dispersione nel mezzo liquido. Se poi la cottura avviene mediante arrostimento o tostatura, le proteine si denaturano, producendo sostanze tossiche da piroscissione, alcune delle quali notoriamente cancerogene (il benzopirene, il benzoantracene, il perilene, ecc.). Attenti dunque al famigerato barbecue e al caffè (i cui grani, prima di essere macinati, sono tostati).
Altre “vittime eccellenti” della cottura-killer sono le vitamine,
Ad alte temperature vengono per la maggior parte denaturate o distrutte irrimediabilmente. La clorofilla, linfa vitale delle piante verdi, subisce invece la degradazione a feofitina, di colore bruniccio, assolutamente inutilizzabile dall’organismo.
Cuocere non significa quindi rendere più digeribile un alimento, perché, come abbiamo visto, durante questo processo i composti proteici iniziano a flocculare già a 60 gradi e finiscono per coagulare del tutto a temperature maggiori, essendo inattaccabili dai succhi gastrici.
Ma, allora, i presunti vantaggi della cottura? Ad un attento esame, non ce ne sono.
È pur vero che gli alimenti cotti si prestano di più a manipolazioni e all’aggiunta di condimenti “ricchi” o speziati (proprio perché hanno perso il loro sapore iniziale), ma ciò travalica dalle giuste necessità nutrizionali e appartiene al campo di quelle “distorsioni del gusto”, indotte dalla “civilizzazione”.
Dopo aver rivelato cosa succede nel nostro organismo ogni qualvolta ingeriamo un cibo cotto (di qualsiasi natura, vegetale o animale) e perché gli alimenti crudi debbano considerarsi “vivi” (in altre parole depositari di tutto il corredo vitaminico, proteico, enzimatico, ecc.), mentre quelli sottoposti a cottura sono ritenuti “morti”, siccome subiscono trasformazioni chimiche irreversibili che, oltre ad impoverirli sul piano bionutrizionale, in alcuni casi generano sostanze cancerogene, bisogna ora aggiungere un dato sicuramente rilevante, il fatto, in pratica, che l’uomo, sebbene faccia cuocere i suoi alimenti da alcune decine di migliaia d’anni (mentre per milioni d’anni è stato “crudista”) non ha sviluppato altresì alcun adattamento anatomofisiologico all’alimento cotto, che continua ad essere rifiutato dall’organismo mediante l’azione di rigetto detta “leucocitosi digestiva” (cioè iper-produzione di globuli bianchi).
Ad oltre settanta anni da questa scoperta, fondamentale per capire come si comporta il nostro corpo in caso d’alimentazione innaturale, si continua a far di tutto per non divulgarla, con un silenzio che ha premiato i giganti multinazionali dell’alimentazione precotta, in scatola, “sofisticata” e colorata.
L’uomo è l’unico animale che sottopone a cottura i cibi, erodendo così il suo capitale energetico (poiché, la leucocitosi rappresenta un elevato dispendio di vitalità) e obbligando il proprio organismo ad un doppio sforzo per ritrasformare in materia vivente ciò che lui stesso ha distrutto con l’elevata temperatura.
È stato calcolato – dall’ingegnere francese Andrè Simoneton – che le radiazioni emesse dal corpo di una persona sana si aggirano, in media, sui 6.500 Angstrom, mentre in condizioni di malattia o di cattiva alimentazione scendono sicuramente di sotto a tale livello.
l) alimenti “morti” – cibi cotti o conservati, margarina, pasticceria industriale, alcool, liquori, zucchero – che hanno radiazioni nulle o pressoché nulle;
2) alimenti “inferiori” – carne, salumi, uova non fresche, latte bollito (quello “industriale” che beviamo oggi), caffè, tè, cioccolato, marmellate, formaggi, pane bianco – che hanno radiazioni inferiori a 3.000 Angstrom;
3) alimenti “superiori” o “sani” – frutta fresca, cruda e matura, e verdura cruda e fresca, che hanno radiazioni molto elevate, tra gli 8.000 e i 10.000 Angstrom.
L’alimento vegetale “vivo” (cioè crudo), fresco e maturato sotto l’azione dei raggi solari, è, infatti, il punto d’arrivo di una serie di processi di concentrazione di tutte quelle energie che lo hanno dapprima generato, poi fatto crescere e infine portato a maturazione. Tali energie, ovviamente, si liberano e vengono poi assimilate dal nostro organismo ogni qual volta mastichiamo e ingeriamo un frutto o un vegetale crudo: dall’energia alla materia e dalla materia all’energia, semplicemente.
Viene da chiedersi, ora, come mai l’uomo abbia abbandonato ad un certo punto della sua preistoria l’alimentazione a lui fisiologicamente adatto, quella vegetariana e crudista, e si sia dato alla cottura indiscriminata dei cibi, iniziando con la carne e passando poi a tutti gli altri.
Ragioni di forza maggiore, pare, obbligarono i nostri progenitori a cambiare dieta.
I paleoantropologi concordano nel ritenere che la Terra, durante la preistoria dell’uomo, soffrì enormi sconvolgimenti climatici e geologici, i quali trasformarono profondamente gli ecosistemi del pianeta. Glaciazioni, interglaciazioni, periodi d’eccessivo inaridimento o d’insolita piovosità alterarono i biomi vegetali da cui l’uomo traeva il proprio nutrimento.
Durante l’ultima glaciazione, avvenuta tra i 200.000 e i 120.000 anni fa nel periodo dell’Era Quaternaria chiamato Pleistocene, i ghiacci avanzarono tanto che gran parte delle foreste eurasiatiche furono distrutte. L’Africa, nel frattempo, era flagellata da intensissime precipitazioni, seguite poi da un periodo d’eccessivo inaridimento del clima, che fece scomparire gran parte delle foreste. La savana, gialla, assolata, semi arida, prese in molte zone il posto dell’intricato e ombroso ammasso vegetale che aveva fino allora ospitato e nutrito l’uomo.
Da “scimmia d’ombra” – come dice il prof. Marcello Comel, illustre clinico e scienziato dell’Università di Pisa – “vissuta per milioni d’anni sugli alberi … [l'uomo] vagò per altri milioni d’anni nella savana”. E che nutrimento poteva trovare nella savana?
Da “scimmia d’ombra” – come dice il prof. Marcello Comel, illustre clinico e scienziato dell’università di Pisa – “vissuta per milioni d’anni sugli alberi…[l'uomo] vagò per altri milioni d’anni nella savana”.
E che nutrimento poteva trovare nella savana?
Prevalentemente i frutti secchi, piccoli e duri delle graminacee spontanee (soprattutto frumento e orzo), che crescono negli spazi aperti, e necessitano di luce solare diretta. Alla dieta a base di graminacee, insufficiente dal punto di vista nutritivo, l’uomo aggiunse ciò che gli offriva il nuovo habitat, e cioè la carne degli animali della savana.
Non avendo le caratteristiche anatomofisiologiche del granivoro, né tantomeno del carnivoro, l’uomo, per rendere commestibile il cereale e il cadavere di altri animali, dovette ricorrere alla cottura, che in seguito fu estesa, inspiegabilmente, a tutti gli altri alimenti.
L’alimentazione granivora e carnivora rappresenta dunque una vera e propria “deviazione fagica” non dettata da una scelta, ma da uno stato di pura necessità che non offriva alternative.
Contravvenendo agli istinti alimentari biologicamente connaturati con la propria specie, l’uomo dette inizio alla sua degradazione e degenerazione fisiopsichica, i cui disastrosi effetti sono, oggi più che mai, evidenti. Contrariamente a quanto si pensa, infatti, l’uomo non è diventato “più sano, più alto, più forte” da quando (circa 10.000 anni fa) ha cominciato a dedicarsi all’agricoltura. Tutt’altro.
La paleopatologia, una disciplina relativamente nuova che studia le malattie di cui soffrivano i nostri antenati, sta sovvertendo molti luoghi comuni. Ad esempio quelli che riguardano la statura: gli scheletri degli uomini preistorici vissuti in Grecia e in Turchia verso la fine dell’era glaciale erano alti in media 175 centimetri, mentre 5.000 anni fa (dopo l’adozione dell’agricoltura) la statura era scesa a 160 cm.
E inoltre ogni cultura ricorda i propri “Matusalemme” e i propri “Noé”, gli ultracentenari degli albori del mondo, cioè quando l’uomo era ancora “fruttariano” e “crudista”.
Oggigiorno, non più la necessità di procacciarsi il cibo, ma errate abitudini, pregiudizi dietetici, e, soprattutto, la schiacciante pressione dell’industria alimentare – con tutti i suoi condizionamenti pubblicitari – fanno sì che l’uomo, non più guidato dall’istinto (ormai perduto), stenti a ritrovare razionalmente la strada della corretta alimentazione crudista.
Autore: René Andreani / Fonte: celticfearn.wordpress.com
Tratto da: http://www.naturopataonline.org

ADHD: somministrazioni "facili" di psicofarmaci ai bimbi in Italia






Testimonianza della mamma di un bambino distratto e agitato a scuola: “All’ASL di San Donà di Piave mi hanno prescritto metanfetamine dopo una visita di neanche mezz'ora, proponendomi solo lo psicofarmaco e senza neanche informarmi dei potenziali effetti collaterali, eppure il mio bimbo non era grave”.

Poma (Giù le Mani dai Bambini): "E' necessaria un’immediata ispezione del Ministero presso questo centro pubblico che spaccia psicofarmaci ai bambini come fossero caramelle”. Nonnis (Neuropsichiatria di Roma): “Sapevamo di abusi, ma in USA, evidentemente il mal costume è arrivato da noi”.  Binetti (Camera Deputati): "Ho presentato un'interrogazione urgente al Ministro: è necessario valutare la revoca immediata delle autorizzazioni ai centri che non seguono le direttive"

Pubblicata oggi da “Giù le Mani dai Bambini®”
il più rappresentativo Comitato per la farmacovigilanza pediatrica in Italia (www.giulemanidaibambini.org) l'intervista alla mamma di un bambino distratto a scuola, agitato e lievemente sopra la norma, cui sarebbe stato prescritto un potente psicofarmaco (la metanfetamina Ritalin®) alla prima visita e senza illustrarne i potenziali effetti collaterali. Le linee guida per l'ADHD (Sindrome da Iperattività e Deficit di Attenzione) redatte dall'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) che  prevedono procedure accurate, l’utilizzo del farmaco solo nei casi limite e comunque affiancato da terapie non farmacologiche – sarebbero quindi state violate dai vertici sanitari della neuropsichiatria di una delle più importanti ASL di riferimento nel nord-Italia per la cura di questi disturbi. La mamma in questione, che si era recata dal Dott. Dino Maschietto, neuropsichiatra infantile a capo del team della ULSS 10 di Dan Donà di Piave (VE), afferma infatti: "Il medico mi disse che dubitava che con qualsiasi altra tecnica mio figlio di 10 anni avrebbe potuto risolvere i suoi problemi, e quindi non mi ha proposto alcuna terapia alternativa allo psicofarmaco, il tutto dopo una visita durata non più di mezz’ora, e senza fare al bimbo alcun esame medico se non la compilazione di questionari e qualche test". Anche l'informativa sugli effetti collaterali – obbligatoria per legge quando si parla di questi discussi prodotti farmaceutici – pare essere stata trascurata: "No, non mi sono stati illustrati in alcun modo i possibili rischi del farmaco o gli effetti collaterali", ha affermato la signora, che ha fornito al Comitato i propri dati anagrafici completi.

Luca Poma, giornalista e portavoce di Giù le Mani dai Bambini® ha commentato così l’intervista: “Non posso che augurarmi che prima della reale somministrazione dello psicofarmaco si sarebbero fatti altri esami, ma certamente il perfezionamento di una diagnosi così delicata in mezz’ora lascia esterrefatti. E ancora più sconcertante è che non sia stata fatta una previsione di terapia non farmacologica, dato che si trattava di un caso di disagio lieve: la mamma è stata congedata avendo come unica possibile risposta la medicalizzazione del problema di comportamento del Suo bimbo, e questo è molto grave”. Il Comitato ha avviato delle verifiche sul territorio della penisola, perché dalle segnalazioni pervenute quello di San Donà parrebbe non essere l’unico caso di prescrizioni disinvolte in strutture pubbliche nel nostro paese.

Sono perplesso – commenta Enrico Nonnis, Dirigente di neuropsichiatria infantile all’ASL di Roma – sembra quasi che certe malepratiche americane siano arrivate anche da noi. E’ evidente che una diagnosi in mezz’ora è cosa poco seria, ed è altrettanto evidente che sono stati violati gli standard, che per casi non gravi come quello raccontato da questa mamma richiederebbero interventi inizialmente non farmacologici, e comunque il farmaco puo essere indicato come soluzione solo dopo una valutazione estremamente accurata e sempre con terapie non farmacologiche associate”.

Sentito per e-mail, Pietro Panei
responsabile nazionale del Progetto ADHD presso l'Istituto Superiore di Sanità ha scritto: “Nel caso di inosservanza dei protocolli, quindi di somministrazione di farmaci senza concomitanti terapie psico-sociali e/o mancata acquisizione del consenso informato in modo adeguato ed esaustivo, operiamo un richiamo al Centro, e nel caso di sopravvenuta mancanza di uno o più requisiti per l’accreditamento segnaliamo il caso alle Autorità regionali per valutare il ritiro dell’accreditamento. Come estrema-ratio, potremmo anche impedire al centro l’accesso al registro dell’ADHD disattivando le chiavi elettroniche”.

In risposta alla gravità del caso, l'On. Paola Binetti (UDC) ha presentato un’interrogazione urgente al Ministro della Salute On. Ferruccio Fazio, in cui chiede quali iniziative il dicastero intenda sollecitare presso l’AIFA per ottenere la revoca dell’accreditamento dell’ULSS 10 e l’individuazione sul territorio di un’ASL più attenta nell’applicazione delle linee guida obbligatorie. “Il problema comunque è a monte – ha dichiarato Binetti – perché – e lo dico da neuropsichiatria infantile prima ancora che da parlamentare - se vogliamo davvero evitare il riproporsi da noi delle follie successe negli Stati Uniti, dove milioni di bambini assumono psicofarmaci ogni giorno, il Ministro dovrebbe aumentare i fondi a disposizione dell’Istituto Superiore di Sanità per il monitoraggio anti-abuso sul territorio, inserendo nel Registro nazionale di controllo non solo i due psicofarmaci attualmente monitorati, il Ritalin della Novartis e lo Strattera della Eli Lilly, bensì tutti gli psicofarmaci somministrati ai bambini italiani, perchè – ha concluso la Parlamentare
quando si parla dei nostri bimbi la prudenza non è mai troppa”

Tratto da: http://www.scienzaeconoscenza.it/

Farmaci: Unione Europea chiede informazioni più chiare

Stop in Europa alla pubblicità dei farmaci venduti esclusivamente con obbligo di ricetta medica e nuove regole per soddisfare la richiesta dei pazienti europei di essere meglio informati sui medicinali che assumono. Il nuovo approccio deciso dalla Commissione europea e illustrato dal commissario alla sanità Jhon Dalli fa seguito alla richiesta del Parlamento europeo di garantire ai pazienti informazioni “obiettive e imparziali”.

Dalli ha spiegato che l'obiettivo è quello di “porre in primo piano i diritti, gli interessi e la sicurezza dei pazienti”. Le nuove regole pongono inoltre “all'industria farmaceutica l'obbligo di fornire certe informazioni chiare ai pazienti e fissano regole chiare in tema di informazioni addizionali volontarie sui medicinali soggetti a prescrizione, oltre a rafforzare il controllo dei medicinali autorizzati”.

Le informazioni ai pazienti vengono limitate a quelle riportate sull'etichetta e sul foglietto illustrativo, a quelle relative ai prezzi e alle prove cliniche, oltre alle istruzioni per l'uso. Per quanto riguarda i canali, le informazioni delle imprese sui loro formaci potranno essere riportate su siti internet ufficialmente registrati e, qualora specificatamente richieste dai cittadini, le informazioni potranno essere messe a disposizione via stampa. Non sarà tuttavia consentita una loro pubblicazione sui media a stampa d'indirizzo generale.

Le informazioni inoltre devono soddisfare criteri qualitativi riconosciuti. Ad esempio, non devono essere parziali; devono rispondere alle esigenze e alle aspettative dei pazienti; basarsi su evidenze scientifiche, essere fattualmente corrette, non fuorvianti e comprensibili e in linea di principio verificate dalle autorità competenti prima della divulgazione. Viene rafforzato inoltre il sistema di farmacovigilanza europeo.

Le proposte, che passano ora al Parlamento e al Consiglio Ue, sono state adottate dalla Commissione anche alla luce dello scandalo scoppiato in Francia del farmaco anti-fame Mediator che avrebbe provocato la morte di diverse persone.



Tratto da: http://www.informasalus.it

sabato 8 ottobre 2011

La quinoa: il meno allergizzante tra i cereali



Benchè la quinoa sia considerata un cereale, tecnicamente è il seme di una pianta che, parente di barbabietole, bietole e spinaci.
La varietà più comune è giallo trasparente, ma ne esistono anche arancioni, rosa, rosse, purpuree e nere. I semi di quinoa, ricchi di aminoacidi, sono nutrienti e saporiti. Cotti sono soffici, cremosi ma anche leggermente croccanti. Oggi la quinoa viene raramente venduta come verdura, anche se le sue foglie sono commestibili.
La pianta della quinoa è un'erbacea annuale originaria del Sud America che cresce ad altezze comprese tra i 1.800 e i 5.000 metri e che viene erroneamente considerata un cereale; in realtà la quinoa è strettamente imparentata con la pianta degli spinaci e delle barbabietole e non con la famiglia delle graminacee come il frumento. La Bolivia ed il Perù sono il luogo di origine della quinoa; in questi luoghi la sua coltivazione avviene ancora secondo metodi tradizionali tramandati di generazione in generazione.

La quinoa è una delle piante con più proprietà nutritive al mondo; anche se viene utilizzata come un cereale, a causa del suo contenuto abbondante di amido, tuttavia la quinoa non contiene affatto glutine ed è pertanto indicata nella dieta delle persone con problemi legati alla celiachia.

La quinoa è composta principalmente da: proteine ( 13 %), carboidrati ( 60,1 %), grassi ( 6,7%), fibra alimentare ( 8,6%). Presenti anche alcuni minerali tra cui, particolarmente abbondante la presenza di magnesio, il sodio, il fosforo, il ferro e lo zinco. Per quanto riguarda le vitamine presenti alcune del gruppo B, la vitamina C e la vitamina E, quest'ultima molto importante per le sue proprietà antiossidanti.

Nella composizione della quinoa sono presenti due importanti aminoacidi: la lisina, importante per la crescita delle cellule cerebrali, e la metionina, molto importante in quanto è essenziale nell'essere umano e va assunta tramite alimentazione, poiché il nostro organismo non è in grado di sintetizzarla; la metionina svolge un ruolo attivo nella metabolizzazione dell'insulina.
Mr.Loto - Quinoa: Proprietà e Benefici
La pianta della quinoa cresce e giunge a maturazione in circa 7 mesi dalla sua semina, questo nelle zone tipiche delle Ande, dove le temperature sono basse e l'umidità molto scarsa.

La quinoa è una pianta molto resistente che non richiede particolari attenzioni; la sua spiga genera dei chicchi di forma rotonda, molto simili a quelli del miglio. La varietà che viene comunemente coltivata risponde al nome scientifico di Chenopodium quinoa, cresce in modo spontaneo ma viene anche coltivata da migliaia di anni, soprattutto nella regione delle Ande dove rappresentava il piatto principale della popolazione Inca e veniva chiamata grano madre.
Le proprietà della quinoa ne fanno un alimento idoneo per l'alimentazione moderna e molto utile per quelle persone che si sottopongono a diete dimagranti ed hanno così bisogno di energie e minerali senza dover assumere alimenti che appesantiscono ed ingrassano. Oltre ad avere un buon sapore ed essere molto nutriente, la quinoa è anche in possesso di proprietà salutari; l'abbondanza di magnesio è in grado di prevenire malattie cardiovascolari, aritmie ed ipertensione. La vitamina E, che sappiamo essere un ottimo antiossidante, ha proprietà protettive nei confronti dell'azione dei radicali liberi e delle cellule del sistema cardiocircolatorio. Lisina e vitamina C, entrambi presenti nella quinoa, svolgono un'azione attiva nel contribuire alla stabilità del tessuto organico.

Ricordiamo che la quinoa, essendo completamente priva di glutine, rappresenta un alimento perfetto per chi è interessato dal morbo celiaco.

Le controindicazioni. La quinoa contiene quantità medio alte di ossalati. Chi soffre di calcoli renali dovrebbe limitarne l'uso.

CURIOSITA’
La pianta della quinoa viene utilizzata in tutte le sue parti per quanto riguarda l'alimentazione: le sue foglie si possono cucinare alla stessa stregua degli spinaci, proprietà e sapore sono quasi uguali. il fusto della pianta viene invece utilizzato come foraggio per il bestiame.

Per i contadini dell'altopiano delle Ande, la coltivazione della quinoa rappresenta l'unico mezzo per poter guadagnare qualcosa in termini monetari.

In natura esistono molte varietà di quinoa, addirittura più di cento; quelle più conosciute sono le varietà bianche, rosse e nere tutte accomunate da un alto potere nutritivo e da un gusto che richiama molto quello delle noci.

Il tempo di cottura della quinoa è molto breve, infatti sono sufficienti circa 20 minuti scarsi per cucinarla.

Essendo un alimento particolarmente ricco di proprietà nutritive, la quinoa è consigliata quale ingrediente nelle diete per bambini, atleti, donne in dolce attesa e persone in stato convalescente.

I semi della quinoa sono ricoperti da una sostanza, la saponina, che ha il compito di proteggere il seme dall'attacco degli uccelli; la saponina ha un gusto molto amaro, per questo motivo, prima della loro cottura, i semi vanno lavati accuratamente.

La quinoa contiene più proteine di qualsiasi altro cereale e la qualità di queste proteine è molto alta essendo esse complete.

Grazie all'alto contenuto di proteine ed amido, la quinoa è un alimento quasi completo e rappresenta allo stesso tempo una valida alternativa ai cereali classici come grano, granoturco e riso, che agli alimenti proteici come carne e latte che personalmente reputo dannosi per la salute.

IDEE PER PIATTI VELOCI
- per un insalata che ricordi le tradizioni indie del Sudamerica, unite 100-200 g di quinoa cotta e raffreddata al contenuto di un barattolo di fagioli di coltivazione organica, 25 g di semi di girasole, 3 scalogni sminuzzati e coriandolo. Aggiungete olio di oliva extravergine e senape. Condite con sale marino integrale e pepe.

- Aggiungete noci e frutta a quinoa cotta e servite come un porridge
- I germogli di quinoa sono ottimi aggiunti a insalate e tramezzini

- La quinoa arricchisce di proteine la minestra di verdure

Zenzero e cannella antiraffreddore



Ecco una tisana da prendere quando sta arrivando un raffreddore!

Ingredienti:
- 1 fetta spessa 2,5 cm di zenzero
- 1 cucchiaino da the di cannella
- 1\4 di limone
- 1 tazza di acqua calda


Preparazione:

Con la centrifuga, estraete il succo dello zenzero e limone e aggiungeteli all'acqua . Altrimenti grattugiate lo zenzero, spremete 1\2 limone e aggiungeteli all'acqua

















Stanchezza cronica


Periodi di stanchezza transitoria sono normali quando si deve affrontare un super lavoro, o quando si è sottoposti a uno stress prolungato, oppure durante il periodo primaverile, o dopo una malattia debilitante quale un’influenza, una malattia batterica o virale. Questa stanchezza però si risolve in breve tempo, magari aiutata dal riposo o da una breve vacanza.

Quando però questa fase acuta di spossatezza e debolezza si protrae troppo a lungo, e si parla in questo caso di vari mesi, divenendo cronica e accompagnata da ulteriori vari sintomi, allora è meglio rivolgersi al proprio medico, fare degli accertamenti per escludere alcune malattie, come la mononucleosi, l’anemia, la leucemia, alcune malattie virali, metaboliche o endocrine, che possono avere alla base questi sintomi di stanchezza profonda.
Se poi i vari esami ed accertamenti escludono tali malattie, spesso allora si può parlare di Sindrome da stanchezza cronica (CFS - Chronic Fatigue Syndrome).

La sindrome da stanchezza cronica è caratterizzata da una fatica cronica (spossatezza profonda, sia mentale che fisica, che si determina anche con uno sforzo fisico minimo) persistente e debilitante per almeno sei mesi, non alleviata dal riposo, che nel tempo provoca disturbi della memoria, difficoltà di concentrazione, depressione, disturbi del sonno, con conseguente difficoltà sul lavoro e nelle relazioni sociali.
Inoltre insorgono una serie di sintomi aspecifici, che variano da individuo a individuo, quali un malessere generale, dolori ossei, muscolari e articolari, mal di gola ricorrente, irritabilità, sonnolenza, disturbi digestivi, cefalea, dolori delle ghiandole linfonodali cervicali e ascellari, forte debolezza dopo un esercizio fisico, a volte anche lieve febbre.
La CFS si presenta più spesso nei giovani e nelle donne intorno ai 35 - 40 anni, mentre è praticamente assente negli anziani (oltre i 65-70 anni). Solo alcuni rari casi nell'età pediatrica.

Cause che escludono la Sindrome da stanchezza cronica
Apnea notturna
Narcolessia
Disturbi endocrini (es. ipotiroidismo o ipertiroidismo)
Epatite B o C non risolte
Abuso di alcool, droghe o altre sostanze
Obesità severa
Lupus sistematico eritematoso
Effetti collaterali ai farmaci
Disordini immunitari o autoimmunitari
Cancro
Anoressia o bulimia nervosa
Patologie ai muscoli o al sistema nervoso (sclerosi multipla)
Disturbi depressivi gravi, demenza, disordini bipolari, schizofrenia
Altre malattie (al cuore, reni, infezioni epatiche)
Non esistono esami specifici per confermare la diagnosi di CFS, ma sono usualmente effettuati per escludere altre possibili cause.

Per la medicina ufficiale
La CFS è un disturbo di origine praticamente sconosciuta, anche se ritiene che alla base vi possa essere una risposta anomala del sistema immunitario verso un’infezione o un’intossicazione chimica o alimentare. Alcuni ricercatori sospettano una causa virale, nonostante non sia stata identificata.

Per la medicina Naturale
In Psicosomatica la CFS si manifesta quando un individuo non è soddisfatto della propria esistenza, e prosegue la vita con inerzia, sopravvivendo e non vivendo con gioia; in realtà vorrebbe che tutto fosse diverso, migliore, ma crede che ciò non sia possibile, che sia per lui solo un’utopia irraggiungibile per le sue forze, e quindi egli perde la speranza.
Secondo la  Nutrizione questa malattia pare essere più frequente nelle persone sedentarie e con una cattiva circolazione sanguigna. Importante quindi è la prevenzione.
Spesso alla base vi possono anche essere intolleranze alimentari, le quali agiscono subdolamente, provocando sintomi tra i più svariati, fra i quali rientra la stanchezza e la debolezza croniche.
Un’altra causa fisica importante potrebbe essere la scarsa ossigenazione delle cellule attraverso il sangue, dovuta a deficienza di alcuni nutrienti importanti, e anche da una respirazione insufficiente o errata.

E' importante mantenere un’alimentazione sana ed equuilibrata, facendo attenzione a eliminare temporaneamente agli alimenti che danno intolleranze (esistono vari test specifici per evidenziarle).
Limitare le proteine e i grassi animali, perché la loro eccessiva assunzione provoca un’abbassamento dell’energia e danneggia il sistema cardiocircolatorio.
Assumere a volontà frutta e verdura, possibilmente crude, e pesce fresco; cereali integrali biologici, legumi, noci, olio extravergine d’oliva. Bere molta acqua, e Tisane che stimolano la circolazione e tonificano. Fare passeggiate rilassanti all’aria aperta, possibilmente nella natura.

tratto da: http://www.naturalia.net